Non il panorama che meritavo

Immaginate di muovervi nottetempo, di guidare verso la Luna crescente mentre questa si china sull’orizzonte e sparisce tra le montagne, di valicare il confine francese alla sola luce dei fari e risalire a curve e tornanti una valle dove pare abbiano bandito la presenza dei lampioni.
Immaginate di arrivare alla fine della strada e trovarvi circondati da cime innevate di fresco, che fanno da perimetro a una miriade di stelle.
Immaginate di perdervi per diversi minuti tra Orione, Toro, Gemelli, Auriga, Cassiopea; di seguire il tenue arco della Via Lattea invernale che attraversa quelle costellazioni, di riconoscere a un primo sguardo la forma oblunga della Galassia di Andromeda e restare abbagliati dallo splendore di Giove.

Immaginate di caricarvi lo zaino sulle spalle e di incamminarvi al lato del sentiero, perché questo è stato invaso da un torrente di neve sciolta, sfortunata parente di quella caduta qualche centinaio di metri più in alto.
Immaginate di salire con calma, cullati dal borbottio dell’acqua che scende poco distante, accompagnati dallo sfilare di qualche larice o abete, mute forme scure ai limiti del terreno illuminato dalla torcia.
Immaginate che, passo dopo passo, l’acqua scrosciante si faccia più silenziosa, che poco alla volta ceda terreno alla brina e a chiazze di neve sempre più estese.
Immaginate anche di fermarvi di tanto in tanto a guardare sopra di voi, attratti dal lampo di una meteora che svanisce in un fil di fumo, o semplicemente per tirare il fiato.

La Main de Crepin e Giove tra le nuvole.

Sony α7 III modificata
Sony FE 35 mm f/1.4 GM
ISO 3200, 10 s, f/1.4
Immagine singola
scattata alle ore 05:35 ca. CEST del 25-10-2023

Immaginate che, a pedinarvi dal fondovalle, salga silenziosa una lingua di nebbia; immaginate di accorgervene poco prima che vi avvolga cancellando stelle, monti, alberi e tutto, lasciandovi soli nel mulinare di gocce minute e nevischio, in piedi su un sentiero che prosegue nel nulla.
Immaginate di accelerare l’andatura, di salire con passi svelti e scricchiolanti nella neve fino a mettervi in salvo da quella muta risacca che si infrange lenta sui crinali, solo per scoprire che, al di sopra, un gregge di nuvole in rotta sta ugualmente invadendo il cielo, mentre le prime luci del crepuscolo fanno capolino a oriente.

Immaginate, dunque, di aver impiegato buona parte della notte per poi trovarvi lì, nella neve, stretti tra due ordini di nuvole, voi e il Massif des Cerces dall’altro lato della valle, mentre il cielo rischiara: non verrebbe anche a voi di pensare che forse si poteva stare a letto? Che questa fatica avrebbe meritato un panorama diverso, in cui Orione non gioca a nascondino con cirri e cumuli, e i colori dei larici non sono stati inghiottiti dalla nebbia a valle?

Perché è proprio ciò che ho pensato io allo sparire dell’ultima stella, apprestandomi a rimettere l’attrezzatura in uno zaino ormai bianco per la brina, prima spunta nell’elenco dei preparativi per il ritorno a valle.

Il massif des Cerces in una fredda alba autunnale.

Sony α7 III modificata
Sony FE 20 mm f/1.8 G
ISO 3200, 13 s, f/1.8
Panorama di 5 immagini verticali
scattate alle ore 07:00 ca. CEST del 25-10-2023

Eppure, mentre scendevo con le pive nel sacco a lato di un sentiero ancor più ghiacciato che all’andata, mi sono sorpreso ad ammirare i disegni delle nuvole in cielo, le volute della nebbia in ritirata giù a valle, gli arabeschi nella neve ghiacciata sui cespugli lungo il cammino.
Ho ammirato le cime tingersi fugacemente di un pallido rosa, ascoltato il terreno duro tornare poco alla volta pantano, respirato la brezza rinvigorita dai primi sparuti raggi di Sole… al diavolo: forse non era il panorama che meritavo.
Di sicuro era quello di cui avevo bisogno.

Un commento Aggiungi il tuo

  1. Yaxara ha detto:

    La neve in qualche modo porta un minimo di speranza!

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