La Pointe de Lanserlia, nel Parco nazionale della Vanoise, non è una cima particolarmente caratteristica, ma è interessante per almeno un paio di motivi.
Il primo è la facilità con cui la si può raggiungere (va bene, conosco gente per cui questo fatto non è un valore aggiunto): dal parcheggio di Bellecombe alla vetta, poco sopra i 2900 m, sono giusto 600 metri di dislivello su comodo sentiero.
Arrivo là col sole ancora alto in un cielo quasi sgombro di nuvole, in tempo per tirare il fiato e godermi appieno il secondo dei motivi che mi hanno fatto scegliere questa meta: il paesaggio.
Già, perché mi trovo circondato da montagne stupende. Dent Parrachée, Grande Casse, Grande Motte, Grand Roc Noir, ovunque guardi riconosco i profili familiari di alcune tra le vette più imponenti della Vanoise, ma non solo. Infatti, oltre la prima cerchia di monti, d’infilata dietro un colle, ecco il Monviso; e più in là svetta il profilo ghiacciato della Barre des Écrins, distante quasi cento chilometri.
Presto le cime cominciano a tingersi di rosso, il Sole cala dietro le montagne e lascia spazio al chiarore di una falce di Luna che illumina il paesaggio con la sua luce tenue, mentre si fa sempre più visibile l’arco della Via Lattea che attraversa il cielo da orizzonte a orizzonte.

Canon 6D
Samyang 24 mm f/1.4
ISO 1600, 20 s, f/2.0
Panorama di 9+9 scatti verticali
Scattata alle ore 23:15 ca. CEST del 9-7-2016
A più alta risoluzione qui.
Dopo il crepuscolo, la temperatura cala velocemente e la condensa invade tutto, ricoprendo ogni superficie disponibile con gocce minute che poco a poco si fanno sempre più grandi (filtri e obiettivi compresi, per non parlare del fotografo). A fondo valle, l’umidità si concentra in nuvole basse che la brezza notturna porta a folate su per i pendii circondandomi di lanugine bianca; ma all’alba il cielo è di nuovo terso, ed è uno spettacolo impagabile.
Con il favore della luce del nuovo giorno, metto lo zaino in spalla e mi preparo alla discesa.
Saluto l’ometto di pietra che mi ha fornito un precario riparo dal vento e imbocco la traccia che lungo il crinale mi riporta ai laghi del colle poco più in basso e agli ultimi nevai che ora scricchiolano sotto i miei passi. Gradualmente il paesaggio si fa meno brullo, le pietre lasciano spazio al verde dei prati, la temperatura diventa più mite.
E se sulla via del ritorno mi sento osservato c’è un valido motivo: sui pendii, tra fiori ed erba, lo sguardo delle marmotte sembra quasi chiedermi se sia proprio il caso di disturbare già a quest’ora.