I punti luminosi di Cerere sono (ancora) un mistero

Il cratere Occator e i punti luminosi al suo interno ripresi con una risoluzione di 140 m per pixel. Crediti: NASA/JPL-Caltech/UCLA/MPS/DLR/IDA
Il cratere Occator e i punti luminosi al suo interno ripresi con una risoluzione di 140 metri per pixel. Crediti: NASA/JPL-Caltech/UCLA/MPS/DLR/IDA

La sonda Dawn, in orbita attorno a Cerere, ha finalmente raggiunto una delle orbite più basse (l’orbita HAMO, a 1470 km dalla superficie), mostrandoci così immagini del pianeta nano a una risoluzione senza precedenti.
Tra le nuove immagini prodotte, spicca senza dubbio quella del cratere Occator, all’interno del quale si trovano le più brillanti tra i numerosi punti luminosi presenti sulla superficie di Cerere. L’immagine qui sopra è in realtà la fusione di due immagini riprese con diversi tempi di posa, perché la differenza in luminosità tra i punti luminosi e il materiale circostante è talmente elevata da non permettere di distinguere contemporaneamente tutti i particolari in un’unica fotografia (qui un esempio pratico).

I ripetuti passaggi della sonda sul cratere con angoli differenti hanno permesso una ricostruzione tridimensionale del sito in questione. Come fatto notare da Paolo Attivissimo nel suo articolo, il punto luminoso centrale non è associato ad alcun picco centrale, formazione rocciosa tipica dei crateri complessi (come il cratere Tycho sulla Luna).

Nonostante l’aumento di dettaglio, la composizione chimica dei punti luminosi resta per ora un mistero. Basandosi su misure di albedo, pare che la luce riflessa non sia abbastanza perché il materiale risulti compatibile con il ghiaccio d’acqua (anche se del ghiaccio sporco sarebbe meno riflettente – ipotesi mia, ma sono abbastanza certo che alla NASA l’abbiano già vagliata). Una possibile alternativa è che si tratti di sali, ma al momento non c’è nulla di certo. Una risposta definitiva dovrebbe arrivare a breve dall’analisi chimica del sito grazie allo spettrometro VIR, montato a bordo della sonda.
Non resta che avere (ancora) un po’ di pazienza.

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