
(Da un po’ di tempo stavo meditando sulla la possibilità di lanciarmi nella recensione di libri – cosa ovviamente non richiesta e che già aveva prodotto risultati di dubbia qualità sul versante audiovisivo. A farmi rompere gli indugi è arrivato questo libro, di cui avevo visto in rete e che un giorno mi sono ritrovato davanti mentre vagavo senza meta tra gli scaffali di una libreria.)
“Cieli neri” di Irene Borgna fa parte di quei libri che avrei voluto scrivere io, se ne fossi stato in grado.
Irene è un’antropologa che vive e lavora come guida naturalistica in Valle Gesso; sul finire dell’estate del 2019 lei e il suo compagno Emanuele decidono di intraprendere una traversata dell’Europa alla scoperta di quei luoghi dove di notte il cielo è ancora buio. Un viaggio in furgone che in 10 mesi porta due esseri umani e un cane dalle valli di Cuneo al Mare del Nord e ritorno.
Ciascun capitolo del libro è dedicato a una tappa, che prima esplorano in diurna, ma che poi rivela tutta la sua meraviglia di notte. L’autrice alterna la narrazione del viaggio a informazioni sui luoghi visitati e sul perché la lotta all’inquinamento luminoso non sia solo “una battaglia per astrofili frustrati”, ma che ha impatti sugli animali e sulla salute dell’uomo, oltre che sull’economia.
Molto di quello che viene raccontato riguardo al cielo reso sterile dalle luci artificiali mi suona tristemente familiare, ma nel mio caso l’eco delle loro esplorazioni riverbera in ricordi ancor più personali.
Come quando Emanuele racconta di come nelle sue estati passate a Ferrere – in valle Stura – ci si sciacquasse veloci con l’acqua fredda perché non era ancora arrivato lo scaldabagno; e a me tornano in mente i campi scout dove ci si lavava nel torrente e di come, tornavo alla civiltà brunito dal Sole e dalla terra.
O come quando raccontano lo stupore di trovarsi all’aperto sotto una miriade di stelle, e io ritorno col pensiero alla route in Corsica nella torrida estate del 2003, quando anche fiumi e fontane erano in secca e noi dovevamo decidere se usare l’acqua nelle borracce per dissetarci o lavarci i denti; un’estate così calda che la tenda è stata solo inutile zavorra e scomodo cuscino su cui appoggiare il capo la notte, mentre gli occhi lottavano per restare aperti nel futile tentativo di contare le infinite stelle di quel cielo terso e buio.
Come al solito sto divagando, ma sono convinto che tra i pregi di un libro ci sia anche la capacità di far vibrare per simpatia i ricordi di esperienze personali, di coinvolgere e creare empatia con le persone e i fatti che vengono narrati.
“Cieli neri” parte dall’esperienza personale per spiegare come il nostro tentativo di soggiogare la notte con la luce non sia solo futile, ma addirittura dannoso: più lampioni la notte portano all’estinzione di specie notturne, alterano il ciclo circadiano degli esseri umani, non portano a maggior sicurezza per le strade – semmai a un maggiore senso di sicurezza, un’illusione deleteria – e sono uno spreco di risorse, oltre che di soldi. E, ovviamente, privano della meraviglia del cielo stellato.
Tutto questo Irene Borgna lo racconta bene citando articoli scientifici e saggi – e poco importa che ogni tanto a Emanuele capiti di dover fare la parte del Watson al quale l’autrice-Holmes spiega le cose: per quanto classico, l’espediente narrativo dello “spiegone” è usato con sapienza, coinvolge e funziona.
Nonostante il taglio in parte saggistico, “Cieli neri” scorre veloce: le 200 pagine terminano in fretta e senza accorgercene ci ritroviamo innamorati della notte. Non solo con il cuore, ma anche con la testa.
Autore: Irene Borgna
Titolo: Cieli neri
Editore: Ponte alle grazie
Prezzo: 15,00 €
Faccio un commento inutilissimo, ma questa è la super-inception-con-la-vita-vera: Irene ed io andavamo nello stesso liceo e allo stesso gruppo di atletica! Avevo visto il suo libro tramite feisbuc e mi chiedevo come fosse… grazie!