L’estate più calda della nostra vita (finora)

Rododendro rosso o Rosa delle Alpi al crepuscolo serale. Sullo sfondo, in centro della Via Lattea tra Monviso e Viso Mozzo.

Canon 6D modificata
Samyang XP 14 mm f/2.4
ISO 3200, 25 s, f/2.4
Accenno di light painting
Scattata alle ore 22:55 ca. CEST del 10-07-2023

C’è più del cielo lattiginoso della pianura piemontese oppressa dall’afa, c’è più del Sole inclemente che traccia ombre corte per la strada e rende deserti i marciapiedi, c’è più delle notti tropicali che fanno boccheggiare anche con le finestre spalancate ad implorare un filo d’aria.
Oltre la pianura, tra le cime delle Alpi, lontano da canicola e lampioni, c’è un cielo ammantato da una miriade di stelle: solo alcune sono riconoscibili una ad una, mentre la maggior parte si confonde in un bagliore lattiginoso che solca il cielo da orizzonte a orizzonte.

Se avrete l’opportunità di ammirare la Via Lattea, in una di queste sere d’estate, prendetevi un istante per riflettere su questo: ciò si vede lassù altro non è che una legione di fornaci termonucleari separate da un infinità di gelo mortale*.
Tra il Sole e Proxima Centauri – la stella più vicina – ci sono più di 40 mila miliardi di km, quasi tutti a temperature tali da far congelare l’azoto. Solo nelle zone più vicine alle stelle, l’irraggiamento fa crescere la temperatura fino alla fusione dell’acciaio, e oltre.
La Terra si trova in una piccolissima zona intermedia, stretta tra le le regioni roventi attorno al Sole e lo sconfinato gelo cosmico; una particolare combinazione di posizione, massa, dimensioni, orientamento, atmosfera, campo magnetico che nei miliardi di anni piccoli esseri che ora chiamiamo vita hanno imparato a sfruttare per la propria sopravvivenza. A patto che le condizioni non cambino troppo.

Ed è facile che le condizioni possano cambiare, visti gli estremi di cui l’Universo è capace. La sopravvivenza di buona parte della vita terrestre dipende da un delicato equilibrio che per lungo tempo ha mantenuto quasi costante il clima al quale le attuali forme di vita terrestri si sono adattate.
Se però l’equilibrio si rompe, accadono disastri. È già successo: la diversa configurazione delle terre emerse che ha causato l’anossia degli oceani, l’aumento dell’attività vulcanica, l’impatto con un corpo celeste di grosse dimensioni, tutti questi eventi in passato hanno portato a estinzioni di massa. Ma si è trattato di eventi “esterni”.

Il centro della Via Lattea incastonato tra Monviso e Viso Mozzo.

Sony α7 III
Sony FE 35 mm f/1.4 GM
ISO 3200, 8 s, f/1.4
Filtro diffusore
Panorama di 5 immagini verticali
scattate alle ore 23:10 ca. CEST del 10-07-2023

A più alta risoluzione nella pagina degli sfondi.

Sta accadendo di nuovo. Ma per la seconda volta nella storia del pianeta Terra, questo equilibrio è stato rotto dalle forme di vita stesse.

La prima volta è accaduto circa 2 miliardi di anni fa, quando a esseri unicellulari che tutto sommato non se la passavano male mangiando zolfo in oceani bollenti si sono aggiunte altre forme di vita, che avevano trovato il modo di sfruttare la luce del Sole per fabbricarsi il cibo da sole. Queste forme di vita erano i cianobatteri, e il meccanismo per fabbricarsi il cibo a partire da luce, acqua e biossido di carbonio oggi è noto come fotosintesi clorofilliana. La fotosintesi clorofilliana permette di sintetizzare glucosio, generando un prodotto di scarto altamente reattivo: l’ossigeno.
A partire dai 2 miliardi di anni fa, la Terra è stata sempre più contaminata dall’ossigeno, rendendo la vita difficile quegli organismi primordiali che non avevano idea di come gestire una molecola così reattiva. Di fatto, la comparsa della fotosintesi clorofilliana sulla Terra è stata la causa della prima grande estinzione di massa.

La seconda volta sta accadendo ora.
L’emissione di enormi volumi di gas serra in atmosfera sta alterando il clima terrestre, con gravi ripercussioni sulle condizioni di vita delle specie attuali. Il fatto che sia qualcosa di meno istantaneo rispetto all’eruzione di un supervulcano o dell’impatto di un asteroide non vuol dire che non avrà effetti di portata simile, significa solo che possiamo continuare a illuderci che in realtà stia cambiando poco o nulla.
E stiamo facendo proprio così. Fa caldo? “Ma ha fatto sempre caldo, d’estate!” “Annibale ha passato le Alpi con gli elefanti!” “Durante il Medio Evo i valichi erano percorribili!” “Basta con questi allarmismi gretini!”
Come la famosa rana immersa nel pentolone con l’acqua ancora fredda, prenderemo globalmente coscienza della faccenda troppo tardi, quando ormai saremo cotti a puntino.

E a quel punto? Game over. Perché, visto come appare l’Universo, è astronomicamente ineccepibile affermare che “there’s no Planet B” a portata di mano.

Rifletteteci un istante, se vi capiterà di guardare il cielo in una notte dell’estate più calda della nostra vita. Della nostra vita finora.


* ^ Ehi, stiamo di nuovo uccidendo la poesia?

Un commento Aggiungi il tuo

  1. yaxara ha detto:

    Magari torneremo a mangiare zolfo in oceani bollenti, non è escluso!

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