Dormire in ghiacciaia (o quasi)

PelvouxSentiero
Il mont Pelvoux dal sentiero verso il Glacier Blanc.

Esistono millanta modi per sfuggire alla morsa dell’afa in questi ultimi scampoli di agosto, ma non tutti allettanti: passare le giornate tra gli scaffali del supermercato sottocasa solo per godere dell’aria condizionata in modalità “vortice polare” è certamente una soluzione semplice ed efficace, ma alla lunga il paesaggio potrebbe risultare monotono. Ecco perché io ho deciso di allontanarmi dalla città e andare a dormire in ghiacciaia. O quasi.

Due ore e mezza di viaggio e arrivo nel cuore del Parc national des Écrins. La strada che sale da Ailefroide si ingarbuglia in cinque o sei tornanti nel bosco, salvo poi distendersi una volta raggiunta la più tipica delle valli glaciali, con le ripide pareversoIlGlacierBlancti rocciose a circondare il fondo quasi pianeggiante. Qui il torrente Saint-Pierre si divide in una miriade di ruscelli che si fanno largo sul fondo pietroso tra i larici. Alzo lo sguardo e vedo il fronte del Glacier Blanc che spunta come il muso di un camoscio curioso tra le rocce, senza però fuggire appena si accorge della mia presenza. Lascio l’auto al parcheggio e mi incammino zaino in spalla lungo il sentiero.  Mano a mano che guadagno quota lungo il crinale, l’orizzonte si amplia e fanno capolino le cime dei monti che circondano la valle, finché una svolta non mi spalanca la vista sul Glacier Blanc e, poco più discosto, sull’omonimo rifugio. Raggiungo la costruzione con gli ultimi tornanti del sentiero; lì mi fermo a tirare il fiato e a rifornirmi d’acqua. Il paesaggio tutt’attorno è spettacolare con il mont Pelvoux a dominare la scena verso sud, ma non posso fare a meno di notare che il fronte del ghiacciaio è ancora più in alto, in barba alle indicazioni lungo il sentiero che lo davano ben prima di raggiungere il rifugio. Di quando sono le indicazioni? In quanti anni il fronte si è ritirato così tanto, lasciando scoperta la roccia levigata?

Il Sole è ormai calato dietro le cime, e io rimetto lo zaino in spalla per cercare un punto panoramico dove accamparmi, perché Giove è già visibile nella luce ancora copiosa del tramonto. Trovo un muretto a secco, un semicerchio di pietre che si rivela un ottimo riparo dalla brezza che con il calare del buio si alza a dissolvere le ultime nubi di calore, lasciando il cielo praticamente terso.

Mont Pelvoux Panorama
Giove, Saturno e il centro della Via Lattea sopra il mont Pelvoux alle ultime luci del crepuscolo. Per una versione con didascalie clicca qui.

Canon 6D modificata
Samyang 24 mm f/1.4
ISO 3200, 20 s, f/2
Filtro diffusore per il cielo
Panorama di 3 scatti verticali
Scattata alle ore 21:42 ca. CEST del 26-8-2019

A più alta risoluzione qui.

Sono a più di 2500 metri di altitudine, ma non fa freddo. O almeno, non quanto mi aspettassi. Nel buio della notte, tra il fruscio del vento e il rombo dell’acqua che si riversa a valle, sento il ghiacciaio che tonfa, scricchiola e geme: un monologo che sembra raccontare della sua sofferenza, della lotta che sta perdendo, della sua ritirata.
Sdraiato nel sacco a pelo, mi sento così in colpa che mi viene da trattenere il respiro. Ogni fiato che esalo, ogni pietra che rotola lungo il pendio, ogni punto luminoso che splende in cielo è un passo dell’universo lungo la strada tracciata dal secondo principio della termodinamica, una piccola e inevitabile vittoria dell’entropia.
Ma non posso dire alle stelle “non splendete!”, né ai massi “restate fermi!”; e c’è un limite al tempo in cui posso trattenere il fiato prima che l’istinto di sopravvivenza vinca sulla forza di volontà. E… e sei un imbecille.
Trattienilo il fiato, e a lungo, ma non per sconfiggere l’entropia, quanto piuttosto per alleggerire l’umanità di questi pensieri deliranti. Hai percorso quasi 150 km in automobile per arrivare fin 
qui e farti venire i sensi di colpa? Vuoi che calcoli quanti diossidi la marmitta del tuo veicolo ha rilasciato nell’atmosfera lungo il tragitto? Vuoi che te li traduca in effetto serra e piogge acide? O in respiri equivalenti? Già che ci siamo, sei sicuro di aver spento tutte le luci di casa quando sei uscito? No? Idiota. Se davvero vuoi fare qualcosa smetti di basarti su emozioni passeggere che evaporeranno domattina assieme alla rugiada e comincia a comportarti da persona responsabile, tutti i giorni.  E no, non chiedermi cosa significhi esattamente o come si faccia, io ne so quanto te.
Ora goditi il cielo stellato.

Il cielo allo zenit
Cielo allo zenit nelle notti di mezz’estate.

Canon 6D modificata
Samyang 24 mm f/1.4
ISO 6400, 20 s, f/2
Crop da panorama di 3 scatti
Scattata alle ore 22:42 ca. CEST del 26-8-2019

Chissà perché le poche ore nel sacco a pelo non sono state particolarmente riposanti.
È ancora notte inoltrata quando mi rimetto in marcia lungo il sentiero che sale di fianco al ghiacciaio; cammino con attenzione per non perdere la traccia alla ricerca di uno spiazzo adatto per montare ancora una volta l’attrezzatura fotografica.
Verso le quattro e mezza una sottile falce di Luna sorge dall’orizzonte e lentamente sale in cielo a illuminare sempre più il paesaggio e le nubi che viaggiano veloci in cielo.

Glacier BlancPanorama
Il fronte del Glacier Blanc al chiaro di Luna.

Canon 6D modificata
Samyang  XP 14 mm f/2.4
ISO 3200, 25 s, f/2.4
Panorama di 4 scatti verticali
Scattata alle ore 5:30 ca. CEST del 27-8-2019

Più che il chiarore dell’aurora, a farmi capire che la notte volge al termine sono le torce degli alpinisti che di buona lena si inerpicano sul sentiero, diretti alla Barre des Écrins o  cime limitrofe. Hanno zaini leggeri, imbraghi e corda; e mi salutano un po’ stupiti del fatto che io stia scendendo invece di salire. Torno al rifugio in tempo per godermi dalla sua terrazza il cielo che diventa chiaro, le nuvole che si tingono di rosa, le cime illuminate dai primi raggi del sole.
Dopo la notte in ghiacciaia (o quasi) è ora di scendere a valle.

Pelvoux Alba
Il mont Pelvoux al sorgere del Sole.

3 commenti Aggiungi il tuo

  1. yaxara ha detto:

    Su quel muretto rubavo foto agli uccellacci mentre loro mi rubavano il panino.
    Condivido in pieno i tuoi sensi di colpa, vengono anche a me quando penso che quel viaggio in macchina non è proprio indispensabile…
    (Sto guardando la foto che avevo fatto io al Pelvoux tre anni fa e c’era più neve, ma era anche inizio luglio e quest’anno ha nevicato pochissimo sulle Alpi)
    Ultimo ma principale: le foto sono adorabili!

    1. Emanuele Balboni ha detto:

      Grazie! Ho visto le tue foto del posto su Flickr e infatti ti avevo scritto per avere qualche informazione in più, ma devo aver usato dei contatti ormai abbandonati 😁

      1. yaxara ha detto:

        Ho visto adesso, mannaggia. Ho avuto qualche palata di problemi con Flickr che non mi lasciava accedere per turbe sue interne…
        (per il futuro, su yaxara.stadi(at)gmail.com rispondo con maggiori certezze)

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