Che cos’è un pianeta nano?

Plutone e Caronte ripresi dalla sonda New Horizon in avvicinamento al pianeta nano.Crediti: NASA-JHUAPL-SWRI
Plutone e Caronte ripresi dalla sonda New Horizon in avvicinamento al pianeta nano.
Crediti: NASA-JHUAPL-SWRI

Nel nostro Sistema Solare orbitano attorno al Sole milioni di corpi celesti. Massa, dimensioni e composizione di questi oggetti cambiano enormemente: si va da Giove, gigante gassoso il cui volume è 1300 volte quello della Terra, a oggetti come l’asteroide Duende, più piccolo di un campo da calcio.
Nel tentativo di creare uno schema in cui ordinare questa miriade di oggetti, gli astronomi ne hanno chiamati alcuni pianeti, altri asteroidi, comete, pianeti nani.

Quella di pianeta nano è una classificazione recente: è stata creata nel 2006 dall’IAU (Internazional Astronomical Union – l’Unione Astronomica Internazionale) e da allora conta 5 membri: Cerere, Plutone, Haumea, Makemake, Eris.
Ma che cos’è, esattamente, un pianeta nano? E cosa lo distingue dai suoi fratelli maggiori, i pianeti propriamente detti? In casi come questi, la cosa migliore è partire dalla definizione.

Un pianeta [nano] è un corpo celeste che:

  1. è in orbita attorno al Sole;
  2. ha sufficiente massa perché la sua gravità possa vincere le forze corpo rigido facendogli raggiungere l’equilibrio idrostatico (forma quasi sferica);
  3. [non] ha ripulito le vicinanze della sua orbita;
  4. [non è un satellite.]

In realtà queste sono due definizioni in una: se si omette il contenuto delle parentesi quadre avrete la definizione di pianeta, viceversa quella di pianeta nano. Ciò significa che per un corpo celeste più o meno sferoidale che orbiti direttamente attorno al Sole, lo status è determinato unicamente dalla negazione al punto 3: se ha ripulito le vicinanze della sua orbita è un pianeta, altrimenti è un pianeta nano.
Per farla semplice, un pianeta nano è un corpo celeste che orbita direttamente attorno al Sole (1. + 4.), è abbastanza grande da essere tondo (2.) ma non tanto da essere considerato un pianeta a tutti gli effetti (3.).

Tutto chiaro, dunque? Non proprio.
Data la definizione, alcuni scienziati si sono interrogati su cosa volesse dire esattamente “ha ripulito le vicinanze della sua orbita”, portando a interpretazioni anche bizzarre.
Ad esempio, l’orbita della Terra incrocia quelle di migliaia di altri oggetti (i NEOs – Near Earth Objects); sono quelli che ogni estate generano titoli apocalittici sui giornali non appena la probabilità che uno di essi colpisca la Terra supera l’uno su mille fantastiliardi. Il nostro pianeta, dunque, non avrebbe ripulito le vicinanze della sua orbita. Marte e Nettuno si trovano all’incirca nella stessa situazione della Terra.
Anche Giove ha sulla sua orbita due nutriti gruppi di asteroidi – i cosiddetti Troiani – fatto che un’interpretazione integralista della definizione di cui sopra porterebbe a chiamare “pianeta nano” il più grande corpo celeste del Sistema Solare dopo il Sole.
In realtà, l’aver ripulito le vicinanze della propria orbita sta a significare che nelle sue vicinanze un pianeta sia dominante dal punto di vista gravitazionale, essendo in grado di modificare l’orbita dei corpi minori vicini attraverso la cattura, l’impatto, risonanze orbitali, etc… In quest’ottica gli esempi di prima cessano di essere paradossali, in quanto i NEOs sono fortemente influenzati dal passaggio della Terra, mentre i Troiani di Giove si trovano nei punti Lagrangiani L4 e L5 del sistema Sole-Giove, cosa che rende senza dubbio il gigante gassoso gravitazionalmente dominante nei loro confronti.

Un primo tentativo di quantificare questa dominanza gravitazionale venne proposto da Alan Stern ed Haron Levison nel 2000, ben prima della risoluzione B5 con cui nel 2006 la IAU definiva la nuova classe dei pianeti nani. Per cercare di meglio definire i criteri per lo status di pianeta, Stern e Levison proposero di introdurre un parametro Λ che tenesse conto della massa del corpo celeste e dei suoi parametri orbitali, al fine determinare la probabilità che un corpo minore venisse deviato nella sua orbita dall’incontro con un pianeta. All’epoca, tale parametro veniva usato come discriminante tra quelli che gli stessi autori chiamavano überplanet e unterplanet (qui l’articolo originale, in inglese).

Il problema attuale della definizione di pianeta nano sembra dunque più una sua debolezza linguistica (cosa comunque non da poco, trattandosi per l’appunto di una definizione), debolezza che però viene superata nel momento in cui si tratta di dare un significato quantitativo ai quattro punti che la compongono.

Eppure, stando ai risultati delle ricerche su Google a alle notizie che periodicamente circolano sui social network, sembra che quello della classificazione dei pianeti nani sia un tema molto dibattuto.
In realtà non è proprio così: il dibattito – se di dibattito si può parlare – è tenuto in vita da poche persone, e quasi tutte di nazionalità statunitense.
Ma ne parliamo la prossima puntata.

(continua) 

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